Sembra che la prospettiva non scoraggi, anzi, è più vero il contrario. “Ho lavorato in Google – ha chiosato il cro di Axiom – e ho la percezione che questo momento, nel settore spaziale, replichi il percorso di internet. Ai suoi inizi, fra il 1993 e il ’94, nessuno predisse fenomeni come Uber, Netflix o Airbnb, ma tutto fu reso possibile grazie ad aziende che scelsero di investire miliardi in sistemi operativi, nel talento di tanti giovani, nelle infrastrutture, come la fibra per esempio. Previdero l’intero investimento e lo frazionarono. Oggi molti pensano che internet sia gratis: non lo è. Internet è stato ed è costosissimo. Perché tutti, domani, godano dei tesori dello spazio occorre, oggi, lo stesso atteggiamento dei Google e degli Amazon di allora”.
Un’analogia calzante, quella fra l’industria spaziale e alcuni pionieri della Silicon Valley, non a caso usata anche da Bezos o Elon Musk: i futuri unicorni del digitale contribuirono alle infrastrutture tecnologiche necessarie al proprio business e sfruttarono l’esistente in modo nuovo (la carta di credito, il personal computer, il sistema postale). Quindi ci costruirono sopra creando, a propria volta, business fino ad allora nemmeno immaginati. Le stazioni spaziali in orbita bassa costituiranno l’infrastruttura di base, che agevolerà il business di terzi, cui sarà offerta la possibilità di sfruttare a modo proprio un ambiente unico.
“Non stiamo cercando un mercato, ma fondando un’economia – ha chiosato Andrei Mitran, direttore strategia e sviluppo business di Northrop Grumman, azienda storica del settore -. Ci sono alcuni mercati che si basano l’uno sull’altro, un network effect che riteniamo possa essere generato dallo spazio. Ci stiamo chiedendo cosa viene fatto a Terra che potrebbe essere fatto meglio oltre l’atmosfera. Abbiamo individuato almeno sei mercati diversi e sebbene oggi sia impossibile quantificarne la crescita siamo ottimisti”.
Le quattro stazioni americane
La prima è la Axiom Station. “La costruzione è in corso”, riporta il sito dell’azienda di Houston. Realizzazione non compresa nel programma Cld della Nasa (ha un finanziamento di 400 milioni di dollari), il suo interno è firmato dal designer francese Philip Stark (“per contemplare veramente il nostro posto nel Cosmo”). Il primo modulo, realizzato a Torino da Thales Alenia Space, dovrebbe collegarsi alla Iss entro la fine del 2025, andando a costituirne un’estensione dal boccaporto di prua del modulo Harmony. È previsto che l’ultimo dei quattro moduli sia lanciato nel 2027, poi, alla dismissione della Stazione spaziale internazionale, Axiom Station sarà separata per diventare un avamposto indipendente. Forse il primo, di tipo commerciale, della storia.
Leggi tutto su www.wired.it
di Emilio Cozzi www.wired.it 2022-11-20 06:00:00 ,